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MATERIALE DIDATTICO

L'ESPERIMENTO SCIENTIFICO

a cura di FormaScienza

Obiettivo: far conoscere allo studente le tappe attraverso cui lo scienziato progetta e realizza l'esperimento, a partire da un problema da risolvere. Far vivere allo studente i momenti fondamentali del lavoro di laboratorio.
Età: 11-18 anni

Materiale necessario

- Bilancia;
- Caraffa;
- Bottiglia con liquido misterioso;
- Accendino;
- Stuzzicadenti,

Il conduttore porta in aula una bottiglia contenente un liquido trasparente. Senza dire nulla, lo mette di fronte agli studenti, che di solito in maniera spontanea cominciano a dire le loro idee sulla natura del liquido: è acqua, è grappa, è acido, ecc. Il conduttore scrive le idee degli studenti una sotto l'altra.
Quando le idee sembrano finite, il conduttore chiede agli studenti: cosa avete fatto in questo momento? Quasi sempre almeno uno studente risponde: abbiamo fatto delle ipotesi. Si fa notare che queste ipotesi sono state date per il momento dai sensi. Qualcuno allora suggerisce di usare gli altri sensi, viene naturale considerare l'olfatto, mentre il tatto e il gusto non si usano perché può essere pericoloso. All'olfatto il liquido risulta inodore e molte ipotesi vanno quindi scartate. E' questo il momento di far notare che le ipotesi scritte non sono tutte quelle possibili, ma solo quelle prese in considerazione fino a questo momento. In particolare accade talvolta che resti sulla lavagna la sola ipotesi dell'acqua, è allora compito del conduttore far notare che nessuno in aula è sicuro che non esista un terribile acido incolore e inodore. (L'acido fa molta presa emotiva).
Per cercare di saperne di più, sta agli studenti inventare un esperimento. Un'idea che di solito viene ben presto a qualcuno è di verificare se il liquido è infiammabile. Si chiede agli studenti di progettare un protocollo sperimentale ben preciso e di considerare le conclusioni che si traggono dall'esperimento prima di farlo: se accade questo, quali ipotesi scartiamo? Se accade quest'altro, quali ipotesi scartiamo? (Per ogni ipotesi, che ci aspettiamo dall'esperimento?). L'esperimento deve essere realmente fattibile in classe e tenere in considerazione l'eventuale pericolosità (ad esempio non è accettabile l'idea di gettare una fiamma accesa nella bottiglia).
Un esempio di come fare l'esperimento può essere quello di immergere la punta di uno stuzzicadenti nel liquido e provare ad accenderla. In questo caso è necessario il confronto con l'altra punta, che non è stata immersa, confrontando il tempo in cui le punte prendono fuoco. Quest'esempio funziona molto bene perché mostra come senza un controllo la singola esperienza (lo stuzzicadenti prende fuoco) non ci dice nulla.
Dopo questo primo esperimento il liquido non risulta infiammabile: qual è l'ipotesi favorita? (Solitamente acqua).
Per verificare quest'ipotesi, serve un altro esperimento. Quando gli studenti superano lo smarrimento iniziale (e soprattutto l'idea che una persona esperta saprebbe rispondere subito), di solito propongono la misura della temperatura di ebollizione o la misura della densità.
Concentriamoci su quest'ultimo caso: essendo l'ipotesi favorita quella dell'acqua, conviene confrontare direttamente la densità del liquido con quella dell'acqua. Questo mette fine alla discussione che si sviluppa tra gli studenti su "quanto deve venire". La discussione si arena infatti ben presto: qualcuno sostiene che deve venire 1. E se viene 1,01? (chiede il conduttore). Questa domanda mette tutti in crisi. Deciso dunque che si misura la densità, gli studenti si rendono conto che ora i sensi non bastano: c'è bisogno bisogno dello strumento, una semplice bilancia. Si progetta l'esperimento, eliminando uno ad uno tutti i passaggi inutili (solitamente all'inizio gli studenti vogliono comunque avere un valore numerico per la densità, quindi vorrebbero misurare il volume della caraffa, poi vogliono eliminare la tara per avere il peso netto, ecc.). Basta semplicemente pesare la stessa quantità di liquido e di acqua, versata in un qualsiasi bicchiere di volume dato (in pratica, si sceglie una tacca qualunque di una caraffa graduata) e confrontare i due pesi. A questo punto gli studenti effettuano le misure.
Dopo una misura (scritta con ±errore, vedi primo incontro) solitamente gli studenti azzardano una conclusione: pesa più il liquido, oppure pesa più l'acqua. Si decide di ripetere la misura per stare più tranquilli. A questo punto può accadere che:
  • la seconda misura confermi la conclusione ed i valori siano simili ai primi;
  • la seconda misura confermi la conclusione ma ci siano pesanti differenze nei valori;
  • la seconda misura conduca ad una conclusione opposta alla prima.
Nel primo caso l'ottimismo degli studenti aumenta, ma si chiede comunque un'ulteriore misura di verifica. Nel secondo caso si chiede una misura per capire meglio, nel terzo si suppone generalmente un errore. Quando si sono fatte alcune misure, generalmente gli studenti cominciano a rendersi conto che nell'esperimento si commettono degli errori più significativi della sensibilità degli strumenti. Questo va fatto notare esplicitamente: nonostante la bilancia sia precisa al grammo, la nostra mano versa l'acqua fino alla tacca con una precisione minore. Come eliminare questo problema? Dopo vari suggerimenti su come costruire apparecchiature precise (o magari usare un semplice contagocce), qualcuno trova l'idea che basta fare tante misure perché tutti questi errori si compensino.
Il conduttore introduce allora l'importanza della statistica. Si ribadisce che l'incertezza non deriva solo dallo strumento ma anche dallo sperimentatore e dal protocollo sperimentale seguito: ma ripetendo le misure e facendo la media dei vari risultati si può superare questa difficoltà. Si può anche osservare che in questo caso è necessaria la riproducibilità del fenomeno: la scienza ha problemi con le cose che accadono una volta sola.
L'esperimento, infine, dà una risposta (solitamente che, nei limiti della nostra precisione, non siamo in grado di distinguere differenze di densità tra i due liquidi). Il conduttore deve fare molta attenzione ai passaggi logici: la conclusione "hanno la stessa densità" è ben diversa da "sono lo stesso liquido". Dopo l'esperimento abbiamo in mano una tesi: questa non è affatto una certezza, ma una conclusione temporanea suscettibile di revisione in qualunque momento. Si potrebbero fare altri esperimenti per avere maggiore fiducia nella validità dell'ipotesi, esperimenti che potrebbero anche smentirla. Qui ci può stare una riflessione sulla frase "l'esperimento non è riuscito": l'esperimento riesce anche se non conferma la tesi. Non riesce quando non ci dice nulla di nuovo.



Nel caso l'incontro venga portato avanti in parallelo con più gruppi, è una buona idea quella di far scrivere agli studenti, alla fine dell'esperimento, l'articolo scientifico - scritto secondo i canoni dei veri articoli - sull'esperimento. Per esempio: introduzione sul fenomeno studiato, cose già note, cosa da verificare, progetto esperimento, risultati, analisi dati e conclusioni. L'articolo viene quindi inviato all'editor della rivista, il conduttore stesso, che lo sottopone al referee (l'altra classe). Le due classi quindi si fanno da referee a vicenda. Il "referaggio" (correzione dell'articolo) va fatto possibilmente nell'incontro successivo: è molto utile per gli studenti riflettere ancora una volta, a distanza di tempo, sull'esperimento fatto, guardandolo attraverso gli occhi di un'altro gruppo sperimentatore. E' compito del conduttore evidenziare differenze nel protocollo, nell'analisi dati o nelle conclusioni tra le due classi. Il "referaggio" va fatto come si fa nella realtà, non "correggendo" gli eventuali errori ma "suggerendo" con una lettera molto di diplomatica di migliorare alcuni punti o di renderne altri più chiari. Questo gioco di ruolo serve a far rendere conto gli studenti di come lavora la comunità scientifica, evidenziando la lentezza del procedimento scientifico e la ricchezza che proviene dai lunghi contrasti tra gli scienziati. La "lettera del referee" va riconsegnata ad un terzo incontro, durante il quale l'articolo viene corretto. La versione finale viene pubblicata on-line.

Naturalmente la maggior parte degli studenti resta con la domanda: ma che c'era davvero nella bottiglia? Il conduttore deve mostrare di saperne quanto loro: qualcosa l'esperimento ci ha insegnato, ma non ci ha dato alcuna certezza. A seconda del tipo di classe si evidenzierà più o meno quest'aspetto: con i più grandi, che credono spesso fermamente in una scienza portatrice di risposte definitive, è bene evidenziare che quello che si è fatto è paradigmatico di ciò che accade sempre in un laboratorio scientifico, seppure con problemi più complicati. Un laboratorio di chimica avrebbe dato comunque una risposta al problema con un margine d'errore, piccolissimo ma non zero.