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Macchine e intelligenza

Libri con gusto - martedì 16 gennaio 2007, ore 21

Oggi il calcolatore elettronico, divenuto personal computer, ha un ruolo centrale nella gran parte delle attività umane, anche dove non si manifesta apertamente.
Quando Alan Turing pubblicò i lavori che avrebbero costitutito le fondamenta della costruzione dei computer forse non immaginava che essi sarebbero entrati in tal modo nella vita quotidiana, ma tra i suoi sogni c'era quello della macchina in grado di "pensare".
Fin da quando furono costruiti i primi computer si diffuse nell'immaginario collettivo, anche attraverso la letteratura e il cinema, l'affascinante e spaventosa idea di una macchina il cui "cervello" acquistasse caratteristiche umane.
Ma cosa vuol dire, effettivamente, "intelligente"? I computer hanno o potranno avere in futuro una loro intelligenza? In cosa la mente umana differisce da quella di un computer e in cosa le somiglia? Che cos'è l'intelligenza artificiale e quali sono le sue prospettive?
Ci proponiamo di affrontare questo discorso in compagnia di Giorgio Parisi, un fisico italiano che nella sua lunga attività di ricerca ha lavorato tra le altre cose alla costruzione di APE, uno dei supercomputer più potenti al mondo, ed Enrico Cherubini, un neurobiologo che studia invece i meccanismi di funzionamento del cervello. Un confronto dunque fra punti di vista molto diversi, con la possibilità per il pubblico di conoscere i diversi approcci ed avere risposte alle domande più affascinanti o magari inquietanti.




Enrico Cherubini

Neurobiologo. Si laurea all'Università di Roma "La Sapienza" nel 1968 e si specializza nel 1972 in neurologia infantile presso la stessa università. Dal 1976 si dedica completamente alla ricerca di base. Lavora per diversi anni negli USA, dapprima a Los Angeles (1976-1978) al Brain Research Institute (UCLA) e poi a Cambridge, Boston (1981-1983) al Massachusets Institute of Technology. Dal 1983 al 1991 è Directeur de Recherche INSERM a Parigi. Dal 1991, dopo aver vinto la cattedra in Fisiologia alla SISSA, si stabilisce a Trieste, dove dirige il Settore di Neurobiologia. Fa parte del Comitato Etico della SISSA.
Membro della Physiological Society, della Società Euroopea ed Italiana di Neuroscienze, dal 2001 è editore del Journal of Physiology di Londra.
Autore di oltre 200 pubblicazioni scientifiche, si interessa principalmente di neurobiologia dello sviluppo e plasticità sinaptica; recentemente ha lavorato ad un progetto di ricerca sull'influenza della nicotina sul sistema nervoso sia in condizioni fisiologiche che patologiche, utilizzando un modello animale di malattia di Alzheimer.

Giorgio Parisi

Fisico teorico. Si laurea all'Università di Roma "La Sapienza" con Nicola Cabibbo nel 1970 e lavora come ricercatore ai Laboratori Nazionali di Frascati dal 1971 al 1981. Durante questi anni passa dei periodi alla Columbia University, New York (1973-1974), all'Institute des Hautes Etudes Scientifiques, Parigi (1976-1977) e all'Ecole Normale Superieure, Parigi (1977-1978). Nel 1981 diventa Professore Ordinario in Fisica Teorica all'Università di Roma "Tor Vergata"; dal 1992 è presso l'Università di Roma "La Sapienza".
Ha vinto il Premio Feltrinelli per la fisica nel 1986, la Medaglia Boltzmann nel 1992, il Premio Italgas nel 1993, la Medaglia Dirac nel 1999 e il Premio Nonino nel 2004. E' membro dell'Accademia dei Lincei dal 1992, dell'Accademia di Francia dal 1993 e della National Academy of Sciences statunitense dal 2003.
Autore di oltre 450 pubblicazioni scientifiche, la sua attività di ricerca ha coperto diversi campi tra cui particelle elementari, meccanica statistica, fisica matematica, teoria delle stringhe, sistemi complessi, reti neurali, computer science.
E' autore di tre testi scientifici e del libro divulgativo "La chiave, la luce e l'ubriaco (Di Renzo, Roma 2006); è direttore della collana per ragazzi "Ah saperlo" della Lapis.

La lettura dei testi è affidata a Paolo M. Albani.


Letture

dal "Daily Telegraph", 8-11-1946

[...] L'ACE, un'invenzione britannica che viene comunemente chiamata "cervello elettronico", produrrà sviluppi rivoluzionari nel campo dell'aerodinamica, che permetteranno agli aerei a reazione di volare a velocità molto superiori alla velocità del suono. [...] Il professor Hartree ci ha detto che le implicazioni di questa macchina sono tali che non siamo in grado di prevederne le conseguenze sulla nostra civiltà. Abbiamo in mano qualcosa che renderà un qualsiasi campo di attività umana 1000 volte più veloce.
Un equivalente dell'ACE nel campo dei trasporti potrebbe essere la capacità di andare normalmente da Londra a Cambridge [...] in cinque secondi. E' una cosa che supera l'immaginazione. [...] Colui che ha concepito l'idea dell'ACE, il dottor Turing, ci ha detto che prevede il giorno - forse a 30 anni da oggi - in cui fare una domanda alla macchina sarà facile come farla a una persona.
Tuttavia il dottor Hartree ritiene che la macchina richiederà sempre l'intelligenza dell'operatore. E ha aggiunto che egli disapprova l'idea che l'ACE possa mai prendere il posto del cervello umano, concludendo: "La moda che si è venuta creando negli ultimi vent'anni, di screditare la ragione umana, è una strada che conduce direttamente al nazismo".


da Alan Turing, "Macchine intelligenti", 1948

Mi propongo di affrontare il problema se sia possibile per ciò che è meccanico manifestare un comportamento intelligente. Di solito si dà per scontato che ciò non sia possibile. Una spia di tale diffuso atteggiamento è rappresentata dalle tipiche frasi ad effetto come "agire come una macchina" o "comportamento puramente meccanico". Non è difficile rendersi conto di come possa essersi formato un atteggiamento negativo in proposito. Eccone qualche ragione:
  • Una riluttanza ad ammettere la possibilità che il genere umano possa avere rivali nei poteri intellettuali [...]
  • Un sentimento religioso, secondo il quale ogni tentativo di costruire macchine del genere sia una sorta di empietà prometeica.
  • Il potere molto limitato delle macchine usate fino ai tempi recenti (possiamo dire fino al 1940). [...]
  • Il teorema di Godel e altri risultati connessi hanno mostrato che se si cerca di usare le macchine per scopi come quello di determinare la verità o la falsità di teoremi matematici e se non si è disposti a tollerare un occasionale errore, allora esistono casi in cui qualunque macchina è incapace di fornire una risposta. [...]
  • Se e nella misura i cui una macchina può esibire intelligenza, la sua prestazione deve essere considerata nulla più che un riflesso dell'intelligenza del suo creatore. [...] [Quest'ultima ipotesi] è simile all'opinione che il merito per le scoperte di un allievo dovrebbe essere assegnato al maestro. In caso di successo l'insegnante sarebbe lieto della riuscita dei suoi metodi di educazione, ma non pretenderebbe di attribuire a sé i risultati, a meno che non li avesse comunicati proprio lui all'allievo.


[...] Sarebbe possibile produrre modelli elettrici capaci di copiare con sufficiente accuratezza il comportamento dei nervi, ma non si vede con quale utilità. Sarebbe un po' come sforzarsi di costruire automobili dotate di gambe anziché continuare a usare le ruote.


da Douglas Adams, "The Restaurant at the End of the Universe"
Traduzione di Paolo M. Albani


Le porte dell'ascensore si aprirono.

Ciao! - disse l'ascensore con voce soave - Sono il vostro ascensore che vi porterà al piano che avete scelto. Sono stato progettato dalla Sirius Cybernetics Corporation per trasportare negli uffici della società i visitatori della Guida Galattica per autostoppisti. Se sarete soddisfatti della corsa, veloce e piacevole, potreste avere il desiderio di provare ancora qualcuno degli altri ascensori installati di recente negli uffici del Dipartimento Erariale Galattico, dell'ipermercato Cibi Ghiotti per Bambini, e dell'Ospedale Siriano per la Salute Mentale, dove ex-dirigenti della Sirius Cybernetics Corporation avranno il piacere di darvi il benvenuto e di ricevere la vostra simpatia e le belle notizie del mondo esterno.

"Sse..." disse Zaphod entrando "Che altro fai oltre a chiacchierare?"
"Vado sù" disse l'ascensore "o giù"
"Bene" disse Zaphod "Noi andiamo sù"
"O giù" gli ricordò l'ascensore.
"Sse... Sù, per favore"

Ci fu un momento di silenzio.

"Giù è molto bello" suggerì l'ascensore, speranzoso.
"Ah sì?"
"Bellissimo"
"Bene" disse Zaphod "Adesso vuoi portarci sù?"
"Posso chiedervi" continuò l'ascensore con la voce più dolce e persuasiva "se avete considerato tutte le occasioni che vi sarebbero offerte... giù?"

[...]

"Quali occasioni?" disse Zaphod stancamente.
"Be'" la voce dell'ascensore colò giù come miele sui biscotti "c'è il sotterraneo, i microfile, la caldaia... sì, insomma..."

Tacque per un attimo.

"Niente di particolarmente eccitante, lo ammetto, ma comunque sono alternative"
"Santa Stella" mugugnò Zaphod "ma che mi doveva capitare, un ascensore esistenzialista!"

Batté i pugni sul muro.

"Che ci ha, 'sto disgraziato!" esplose quasi sputando le parole.
"Non vuole andare sù" disse Marvin "Credo che abbia paura".
"Paura?" urlò Zaphod "Paura di che? delle altezze? Un ascensore che ha paura delle altezze?"
"No" disse l'ascensore, infelice "del futuro"
"Del futuro? Ma che vorrebbe, 'sto maledetto, una pensione assicurata?"

[...]

"Tutti noi possiamo vedere nel futuro" sussurrò l'ascensore con voce piena di spavento "fa parte della nostra programmazione".

[...]

Gli ascensori moderni sono entità strane e complesse. Gli antichi argani elettrici (quelli che avevano i cartellini con su scritto: "capacità massima otto persone") stanno agli SCCHVPT - cioè, decrittando e traducendo, ai "Felici Trasportatori Verticali di Persone della Sirius Cybernetics Corporation" - come un pacchetto di noccioline all'intera ala ovest dell'"Ospedale Siriano di Salute Mentale". E ciò è dovuto al fatto che questi ascensori operano sulla base del singolare principio della: "percezione temporale sfocata". In altre parole, hanno la capacità di vedere appena un po' nell'immediato futuro. Il che permette all'ascensore di trovarsi al piano per prelevare il passeggero prima ancora che questi l'abbia pensato, eliminando così le noiose attese in cui occorre darsi un contegno, sorridendo, chiacchierando, o guardando imbarazzati un punto fisso del muro; tutto quanto, cioè, prima si era obbligati a sopportare nell'attesa che l'ascensore arrivasse. Abbastanza logicamente, molti di questi ascensori provvisti di intelligenza e di precognizione, divennero terribilmente frustrati dal lavoro estraniante e monòtono di andare sù e giù, sù e giù; sperimentarono per un po' l'idea di muoversi lateralmente, come una specie di protesta esistenziale; richiesero la partecipazione ai processi decisionali; e, alla fine, cominciarono a prendere l'abitudine di accovacciarsi giù, nel sotterraneo e tenere il broncio. Un autostoppista di pochi mezzi in giro a visitare i pianeti del Sistema di Sirio, potrebbe fare una piccola fortuna come "counsellor per ascensori nevrotici".





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