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Le forme dello spazioMartedì 20 ottobre 2009, ore 20,30Che cosa studiano i geometri moderni? Che cosa vuol dire fare ricerca in matematica? Ma davvero ci sono ancora cose da scoprire ? Perché si parla di differenti geometrie? Le forme immaginate ed investigate dai matematici hanno un collegamento con quelle della fisica teorica? Lo spazio in fisica è un'entità dinamica misurabile. Si può espandere, può trasformarsi nel tempo e si incurva a causa della materia e dell'energia. Per esplorarlo a piccole distanze abbiamo bisogno di "microscopi" potentissimi come LHC. Per riconciliare la gravità con la meccanica quantistica si è fatta strada l'idea che i costituenti fondamentali siano delle stringhe. In tal caso l'universo dovrebbe avere altre 6 dimensioni non ancora osservate. Articoli correlati: L'unione fa la forza? Presentazione di Massimo Bianchi (.ppt) Presentazione di Paolo Piazza (.ppt) Massimo BianchiMassimo Bianchi è dal 1998 Professore Associato di Fisica Teorica presso l'Università di Roma Tor Vergata.Ha vinto premi quali E. Persico e SIGRAV, è membro di numerosi progetti di ricerca internazionali ed è Responsabile Nazionale dell'Iniziativa Specifica INFN TV12 "Stringhe ed unificazione delle interazioni". I suoi interessi di ricerca riguardano in particolare stringhe aperte e non-orientate, D-brane, rottura della supersimmetria e stabilizzazione del vuoto. Si occupa inoltre di corrispondenza olografica fra teorie di gauge e gravità. Paolo PiazzaPaolo Piazza è Professore Ordinario di Geometria presso l'Università di Roma "La Sapienza".Ha ottenuto un dottorato di ricerca dal MIT nel 1991 ed è stato professore visitatore in varie università estere (Parigi, Tokyo, Stanford, Berkeley, Tianjin). Svolge attività di ricerca in analisi globale e geometria differenziale. LettureLa lezione del gabbianoda Laura Catastini, "Il pensiero allo specchio" Il gabbiano la vide dall'alto e si tuffò in picchiata per sentire cosa avesse da brontolare una ragazzina così buffa e così tonda. Si posò davanti a lei e chiese: "Cosa c'è che non va?" "La geometria " rispose Lalla con un sospiro. "Io sono bravo in geometria, bravissimo, il più bravo tra i gabbiani di questi scogli" disse gonfiando le penne "forse, se la studiamo insieme..." Lalla fece una capriola e si accoccolò davanti a lui, spianando con le mani un bel tratto di spiaggia, in modo che la sabbia umida servisse loro da lavagna. "Cominciamo dall'inizio" suggerì il gabbiano. Lalla prese il suo libro di geometria e lesse: "Cominciamo ad esaminare alcune proprietà fondamentali delle figure più elementari... il triangolo, il quadrato... - guardò il gabbiano - Vuoi dirle tu?" "Uhm Uhm - fece il gabbiamo schiarendosi la voce - Ecco: il triangolo e il quadrato sono due figure uguali!" Lalla spalancò la bocca. "Certo - il gabbiano pensava di averla sbalordita con quella esibizione di sapienza - ...e il rettangolo, il rombo, il cerchio...". Ormai il gabbiano non si teneva più e tracciava esaltato con il becco profonde linee nella sabbia. "Ma non è vero!" strillò Lalla. Il gabbiano si fermò a metà di un pentagono e chiese perplesso: " Perché?" Lalla voleva spiegare al gabbiano il perché, ma non fidandosi troppo delle sue idee, e avendo paura di fare figuracce, sfogliò le pagine del suo libro di geometria e lo mise sotto il becco del gabbiano. Il gabbiamo arrossì fino alla radice delle penne e disse: "Non so leggere... ma le figure le leggo benissimo!" "Bella forza" pensò Lalla, ma non lo disse, disse invece: "Dimmelo tu allora perché sono uguali!" E il gabbiano, felice che non si parlasse più di lettura, riprese la sua aria leggermente dotta: " Perché sono tutte chiuse, ecco perché!" e la guardò come per dire: "ovvio, no!" "E gli angoli? E i lati? e la misura dell'area ... i perimetri ..." era sempre più sconcertata. Poi però, decisa a non farsi confondere, disse battagliera: "Solo i quadrati sono uguali ai quadrati!" Il gabbiano la guardò storcendo un po' il becco, e poi, con aria decisamente superiore le chiese di aiutarlo un momento. Con un pezzo di spago annodato alle estremità fece un quadrato, che appoggiò su un pezzo di carta. "Vedi questo quadrato? Adesso guarda." E spinse il foglio con sopra lo spago fin dentro l'acqua, dove si mise a galleggiare sulle onde, spinto da tutte le parti dal movimento del mare. Lo spago prendeva la forma ora di un rombo ora di un triangolo e così via. Lalla sgrana gli occhi: "Ora so perché dicevi quelle cose strane: sono due geometrie diverse! Noi viviamo sulla terra ferma, che è rigida, e le figure sono rigide, una volta tracciate non cambiano forma..." "Mentre noi - interruppe il gabbiano - voliamo tutto il giorno sulla superficie dell'acqua e guardiamo le figure formate dalla schiuma delle onde e dalle cose che galleggiano: per noi non hanno importanza i lati e gli angoli, perché si deformano continuamente. Noi cerchiamo le proprietà primitive delle figure, quelle che non cambiano mai anche se le superfici su cui sono disegnate vengono deformate in tutti i modi e in tutte le direzioni possibili, senza però essere mai strappate. In questo modo possiamo occuparci anche di forme molto complesse, come quelle dei granchi, dei cavallucci marini, o dei tuoi piedi!" Lalla buttò per aria i suoi libri e gridò: "Insegnami la tua geometria ti prego, insegnami la geometria in cui i quadrati sono uguali ai cerchi e i piedi alle mani!" "Eh no, ragazzina!" disse il gabbiano bloccandola" La mano non è davvero uguale al piede!" La fece appoggiare sulla sabbia una mano e un piede e ne disegnò il contorno con il becco. "Vedi - disse saltando dentro il piede - io ora sto dentro, e tu fuori, mentre se faccio così - e si mise sul palmo della mano - io e te non siamo né fuori né dentro, perché il contorno della mano non divide il piano in due parti. Tutte le figure che dividono il piano in due parti connesse, cioè costituite da un solo pezzo, si chiamano aperte, mentre quelle che non lo fanno si chiamano chiuse". L'apparizione da Edwin A. Abbott, Flatlandia Chiamo il nostro mondo Flatlandia, non perché sia così che lo chiamiamo noi, ma per renderne più chiara la natura a voi, o Lettori beati, che avete la fortuna di abitare nello Spazio. Immaginate un foglio di carta su cui delle Linee Rette, dei Triangoli, dei Quadrati, dei Pentagoni, degli Esagoni e altre Figure geometriche, invece di restar ferme al loro posto, si muovono qua e là, liberamente, sulla superficie o dentro di essa, ma senza potersene sollevare e senza potersene immergere, come delle ombre, insomma - consistenti, però, e dai contorni luminosi. Così facendo avrete un'idea abbastanza corretta del mio paese e dei miei compatrioti. [...] In un simile paese, ve ne sarete già resi conto, è impossibile darsi alcunché di quel che voi chiamate "solido". Può darsi però che crediate che a noi sia almeno possibile distinguere a prima vista i Triangoli, i Quadrati, e le altre figure che si muovono come ho spiegato. Al contrario, noi non siamo in grado di vedere niente di tutto ciò, perlomeno non in misura tale da poter distinguere una Figura da un'altra. Niente è visibile per noi, né può esserlo, tranne che delle Linee Rette; e il perché lo dimostrerò subito. Posate una monetina nel mezzo di uno dei vostri tavolini nello Spazio, e chinatevi a guardarla dall'alto. Essa vi apparirà come un Cerchio. Ma ora, ritraendovi verso il bordo del tavolo, abbassate gradatamente l'occhio (avvicinandovi così sempre più alle condizioni degli abitanti di Flatlandia), e vedrete che la monetina diverrà sempre più ovale; finché da ultimo, quando avrete l'occhio precisamente all'altezza del piano del tavolino (cioè come se foste un autentico abitante di Flatlandia), la monetina avrà cessato di apparire ovale e sarà divenuta, per quanto potete vederla, una Linea Retta. Lo stesso accadrebbe se faceste il medesimo esperimento con un Triangolo o un Quadrato, o qualsiasi altra Figura ritagliata nel cartone. Se la guardate con gli occhi al livello del piano del tavolino, vedreste che essa cesserebbe di apparirvi una Figura e che diventerebbe identica per l'aspetto ad una Linea Retta. [...] Ero in compagnia di mia moglie e avevo mostrato ad un mio nipotino come un Punto, spostandosi lungo un percorso di tre centimetri, formi un Linea di tre centimetri, che si può rappresentare con 3; e come una Linea di tre centimetri, spostandosi parallelamente a se stessa lungo un percorso di tre centimetri, formi un Quadrato di tre centimetri per ogni lato, che si può rappresentare come 3 alla seconda. Il nipotino mi aveva detto: "Tu mi hai insegnato ad innalzare i numeri alla terza potenza: anche 3 alla terza avrà dunque un significato in Geometria?". "Nessun significato" risposi io "almeno non in Geometria, perché la Geometria non ha che due Dimensioni". A questo punto, lui, tornando alla sua ipotesi di partenza, e prendendomi alquanto alla sprovvista, aveva esclamato: " [...] Se un Punto, spostandosi lungo un percorso di tre centimetri forma una Linea Retta rappresentata da 3, e se una Linea Retta di tre centimetri, spostandosi parallelamente a se stessa, forma un Quadrato di tre centimetri per lato, rappresentato da 3 alla seconda, deve seguirne che un Quadrato di tre centimetri per lato, spostandosi in qualche modo parallelamente a se stesso (ma non vedo come) debba formare Qualcos'altro (ma non vedo cosa) di tre centimetri per ogni senso - e questo sarà rappresentato da 3 alla terza". "Vai a letto" dissi io, un po' seccato. "Se tu dicessi cose meno insensate ricorderesti di più quelle che hanno un senso". così il mio nipotino era scomparso mogio mogio. [...] Mi venne fatto di esclamare: "Quel ragazzo è uno sciocco! 3 alla terza non può avere nessun significato in Geometria!" Subito (da dove?) arrivò una risposta distintamente percettibile "Il ragazzo non è uno sciocco; e 3 alla terza in Geometria ha un significato evidente". [...] Quale non fu il nostro orrore quando ci trovammo davanti una Figura [...] A prima vista ci sembrava un Circolo, ma le sue dimensioni sembravano cambiare in modo impossibile per un Circolo o per qualunque altra figura Regolare di cui avessi avuto esperienza. Con le sue maniere più cortesi mia moglie si avvicinò all'estraneo "Posso chiederle di tastare?", poi indietreggiò " Non ci sono angoli, nemmeno una traccia di angolo! Possibile che abbia fatto una gaffe simile con un Circolo così perfetto?" "Io sono davvero un Circolo, in un certo senso," rispose la voce "anzi, un Circolo più perfetto di ogni altro in Flatlandia; ma per essere più precisi, io sono parecchi circoli in uno". IO. Illustrissimo signore, perdonate la mia goffaggine. Ma prima che la Signoria Vostra proceda a ulteriori comunicazioni, vorrebbe Ella degnarsi di soddisfare la curiosità di chi sarebbe lieto di saper donde viene il suo Visitatore? STRANIERO. Dallo Spazio, dallo Spazio signor mio, e da dove se no? IO. Perdonatemi Signore, ma non si trova nello Spazio anche adesso la Signoria Vostra, la Signoria Vostra come il suo umile servitore, in questo preciso momento? STRANIERO. Bah! Cosa ne sapete voi dello Spazio? Definitemelo, lo Spazio. IO Lo spazio, mio Signore, è la larghezza e la lunghezza prolungate all'infinito. STRANIERO. Proprio così: vedete che voi non sapete cosa sia lo Spazio! Credete che consista di due sole Dimensioni; io, invece, sono venuto ad annunciarvene una Terza - altezza, lunghezza e larghezza. IO. Vorrebbe la Signoria Vostra indicarmi o spiegarmi in quale direzione si trova la Terza Dimensione STRANIERO. E' di lìche io vengo. È qui sopra, e qui sotto. IO. Evidentemente la Signoria Vostra vuole dire a Nord e a Sud. STRANIERO. Neanche per sogno. Voglio dire una direzione che non potete guardare, perché non avete occhi sulla vostra Superficie. IO. La Signoria Vostra mi scusi; ma una brevissima ispezione basterà a convincerla che io ho un occhio perfetto nel punto d'incontro dei miei lati. STRANIERO. Si: ma per guardare nello Spazio, l'occhio dovreste averlo non sul Perimetro, ma sulla vostra Superficie, cioè su quello che voi probabilmente chiamate chiamerete il vostro interno; ma noi nella Spacelandia lo chiameremmo la vostra Superficie. IO. Un occhio nel mio interno! Un occhio nello stomaco! La Signoria Vostra sta scherzando. STRANIERO. Non ho nessuna voglia di scherzare. Vi dico che vengo dallo Spazio, dalla Terra delle Tre Dimensioni, [...] Voi vivete su un Piano [...] Io non sono una figura piana, ma un Solido. Voi mi chiamate Circolo; ma io in realtà non sono un Circolo, bensìsono un numero infinito di circoli, di dimensioni varianti da un punto a un Circolo di venticinque centimetri di diametro, posti l'uno sull'altro. Quando io interseco il vostro piano come sto facendo adesso, opero nel vostro piano una sezione che voi, assai appropriatamente chiamate Circolo. Perché se una Sfera (è così che mi chiamo nel mio paese) si manifesta ad un'abitante di Flatlandia, non può manifestarsi che come Circolo [...] Ma adesso preparatevi ad accogliere una prova concreta della verità delle mie affermazioni. Voi non potete vedere più di una delle mie sezioni, o Circoli, alla volta, perché non avete la facoltà di sollevare lo sguardo dal piano della Flatlandia; ma potete almeno vede che via via che mi alzo nello Spazio le mie sezioni diventano più piccoli. State a guardare, adesso mi innalzerò [...] Non ci fu nessun innalzamento, almeno che io potessi vedere; ma egli rimpicciolì e finalmente scomparve. torna alla pagina dei caffè scienza |
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