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Serata Galileiana

Aula Amaldi, Dipartimento di Fisica "Sapienza" Università di Roma, 19 maggio 2007
Evento del festival Scienza3.

con le spiegazioni di Andrea Frova, le letture di Paolo M. Albani e la musica dell'ensemble Vita Nova

Galileo Galilei: il nome lo conoscono tutti, pochi sanno spiegare l'importanza delle sue opere, pochissimi hanno idea di chi era davvero questo personaggio. Nonostante venga presentato spesso solo come una persona seria e rigorosa, spulciando tra le sue lettere ad amici e nemici scopriamo una faccia di Galileo assai diversa: scherzoso, dotato di un'ironia spesso tagliente, con un fine gusto per l'arte e la letteratura, ma che non esita a beffarsi di ciò che non ama, come "quell'insipido di Tasso e i suoi eroi da burla", Tasso al quale "sfuggono doppi sensi osceni assai remoti dal suo volere". Ma, continua Galileo, "...è del resto un errore in cui incorse anche Michelangelo, quando accomodò, nel suo Giudizio Universale, Santa Caterina ignuda con San Biagio dietro, disposti in attitudine oscenissima".
Saremo trascinati nell'atmosfera seicentesca dalla giocosa musica dell'Ensemble vocale "Vita Nova", che eseguirà brani tratti dal "Festino" di Banchieri, un gioco musicale che, ironizzando sui seri madrigali dell'epoca, racconta una festa di carnevale in cui pian piano tutti gli attori-cantanti finiscono ubriachi.
Nella prima parte della serata Paolo M. Albani leggerà testi selezionati da uno dei massimi esperti di vita e opere di Galileo, il prof. Andrea Frova, che commenterà le letture. Nella seconda parte Galileo verrà addirittura intervistato: Mariapiera Marenzana ha infatti scritto un'intervista in cui le risposte dello scienziato pisano sono composte usando le sue stesse parole, tratte dai suoi scritti. Una serata per conoscere un Galileo diverso, per andare oltre l'immagine di facciata. Per dirla con le sue colorite parole: "Per me gli uomini son fatti come i fiaschi: ce n'è che non han tanto indosso, ma poi son pieni d'eccellente vino; altri han veste elegante, ma contengono vento o acqua profumata, e son adatti solo a pisciarvi dentro."

Andrea Frova

Fisico sperimentale, nella sua attività di ricerca ha lavorato nel campo della fisica dello stato solido, occupandosi in particolare di semiconduttori e proprietà ottiche dei solidi.
Autore di numerosi libri divulgativi, uno dei quali su Galileo Galilei, si è occupato anche dei rapporti tra scienza e musica.

Paolo M. Albani

Paolo M. Albani, romano, si è impegnato da sempre in settori anche apparentemente lontani, dalla matematica alla musica, dalla chimica al teatro. Lasciato l'insegnamento, collabora con il Centro teatro educazione dell'Ente Teatrale Italiano e si occupa di conduzione di laboratori teatrali e di attività vicine.

Ensemble vocale "Vita Nova"

L’ensemble vocale “Vita Nova” nasce nel 1995 all’interno del coro “Orazio Vecchi” sotto la direzione del Maestro Alessandro Anniballi.
Gli ambiti musicali privilegiati dall’ensemble sono la letteratura polifonica che va dal Medioevo al tardo Rinascimento e quella del Novecento, con particolare attenzione alla produzione più recente, attraverso la collaborazione con compositori come Boris Porena, Oliver Wehlmann, Claudio Anguillara.
Alessandro Anniballi, nato a Roma, ha studiato pianoforte, direzione di coro e composizione presso il Conservatorio di Musica “Alfredo Casella” de L’Aquila. Si è diplomato sotto la guida di Fausto Razzi, Ermanno Pradella e Francesco Molfetta.






Foto a cura dell'Associazione Fotografiche Evasioni.


I testi



IPSE DIXIT
dal Dialogo sopra i massimi sistemi

SAGREDO: Mi trovai un giorno in casa un medico molto stimato in Venezia, dove alcuni per loro studio, ed altri per curiosità, convenivano tal volta a veder qualche taglio di notomia per mano di uno veramente non men dotto che diligente e pratico notomista. Ed accadde quel giorno, che si andava ricercando l'origine e nascimento de i nervi, sopra di che è famosa controversia tra i medici Galenisti ed i Peripatetici, e mostrando il notomista come, partendosi dal cervello e passando per la nuca, il grandissimo ceppo de i nervi si andava poi distendendo per la spinale e diramandosi per tutto il corpo, e che solo un filo sottilissimo come il refe arrivava al cuore, voltosi ad un gentil uomo ch'egli conosceva per filosofo peripatetico, e per la presenza del quale egli aveva con estraordinaria diligenza scoperto e mostrato il tutto, gli domandò s'ei restava ben pago e sicuro, l'origine de i nervi venir dal cervello e non dal cuore; al quale il filosofo, doppo essere stato alquanto sopra di sé, rispose: "Voi mi avete fatto veder questa cosa talmente aperta e sensata, che quando il testo d'Aristotile non fusse in contrario, che apertamente dice, i nervi nascer dal cuore, bisognerebbe per forza confessarla per vera".

PRINCIPIO DI RELATIVITA'
dalla Lettera a Ingoli

Nella maggiore stanza che sia sotto coverta di alcun gran navilio riserratevi con qualche amico, e quivi fate di aver mosche, farfalle e simili animaletti volanti; pigliatevi anco un gran vaso con acqua, e dentrovi de' pescetti; accomodate ancora qualche vaso alto che vada gocciolando in un altro basso e di angusta gola: e stando ferma la nave, osservate diligentemente come quelli animaletti volanti con pari velocità vanno verso tutte le parti della stanza; i pesci, gli vedrete andar vagando indifferentemente verso qual si voglia parte delle sponde del vaso; le stille cadenti entreranno tutte nel vaso sottoposto; e voi, gettando all'amico vostro alcuna cosa, non più gagliardamente la dovrete gettar verso quella parte che verso questa, quando le lontananze sieno eguali; e saltando, come si dice, a pie' giunti, eguali spazii passerete verso tutte le parti. Osservate che averete bene tutte queste cose, fate muover la nave con quanta si voglia velocità; ... voi non riconoscerete una minima mutazione in tutte le nominate cose, né da alcuna di quelle, né meno da cosa che sia in voi stesso, potrete assicurarvi se la nave cammina o pure sta ferma: voi saltando passerete nel tavolato i medesimi spazii che prima, né, perché la nave si muova velocissimamente, farete voi maggior salti verso la poppa che verso la prua, ben che, nel tempo che voi state in aria, il tavolato scorra verso la parte contraria al vostro salto; e gettando un frutto all'amico, non con più forza bisognerà gettarglielo, per arrivarlo, se egli sarà verso la prua e voi verso la poppa, che se voi fuste situati per l'opposito; le goccie cadranno nel vaso inferiore senza restarne pur una verso poppa, ancor che, mentre la goccia è per aria, la nave scorra molti palmi; i pesci nella loro acqua non più fatica dureranno per notare verso la precedente che verso la sussequente parte del vaso, ma con pari agevolezza andranno a prender il cibo che voi gli metterete su qual si voglia parte dell'orlo del vaso; e finalmente le farfalle e le mosche dureranno a volare indifferentemente verso tutte le parti, né si ridurranno mai a ritirarsi verso la parte che risguarda la poppa, quasi che le fussero stracche in tener dietro al veloce corso della nave, dalla quale per lungo tempo esse saranno state separate, cioè mentre restarono sospese in aria. E se voi di tutti questi effetti mi domanderete la cagione, vi risponderò per ora: "Perché il moto universale della nave, essendo comunicato all'aria ed a tutte quelle cose che in essa vengono contenute, e non essendo contrario alla naturale inclinazione di quelle, in loro indelebilmente si conserva". Or, quando voi abbiate vedute tutte queste esperienze, e come questi movimenti, ben che accidentarii ed avventizii, ci si mostrano i medesimi appunto così quando la nave si muova quanto se ella stia ferma, non lascerete voi ogni dubbio che l'istesso deva accadere intorno al globo terrestre, tutta volta che l'aria vadia insieme con quello?

LO SCIENZIATO E LA CICALA
da Il Saggiatore

Parmi d'aver per lunghe esperienze osservato, tale esser la condizione umana intorno alle cose intellettuali, che quanto altri meno ne intende e ne sa, tanto più risolutamente voglia discorrerne; e che, all'incontro, la moltitudine delle cose conosciute ed intese renda più lento ed irresoluto al sentenziare circa qualche novità. Nacque già in un luogo assai solitario un uomo dotato da natura d'uno ingegno perspicacissimo e d'una curiosità straordinaria; e per suo trastullo allevandosi diversi uccelli, gustava molto del lor canto, e con grandissima meraviglia andava osservando con che bell'artificio, colla stess'aria con la quale respiravano, ad arbitrio loro formavano canti diversi, e tutti soavissimi. Accadde che una notte vicino a casa sua sentì un delicato suono, né potendosi immaginar che fusse altro che qualche uccelletto, si mosse per prenderlo; e venuto nella strada, trovò un pastorello, che soffiando in certo legno forato e movendo le dita sopra il legno, ora serrando ed ora aprendo certi fori che vi erano, ne traeva quelle diverse voci, simili a quelle d'un uccello, ma con maniera diversissima. Stupefatto e mosso dalla sua natural curiosità, donò al pastore un vitello per aver quel zufolo; e ritiratosi in sé stesso, e conoscendo che se non s'abbatteva a passar colui, egli non avrebbe mai imparato che ci erano in natura due modi da formar voci e canti soavi, volle allontanarsi da casa, stimando di potere incontrar qualche altra avventura. Ed occorse il giorno seguente, che passando presso a un piccol tugurio, sentì risonarvi dentro una simil voce; e per certificarsi se era un zufolo o pure un merlo, entrò dentro, e trovò un fanciullo che andava con un archetto, ch'ei teneva nella man destra, segando alcuni nervi tesi sopra certo legno concavo, e con la sinistra sosteneva lo strumento e vi andava sopra movendo le dita, e senz'altro fiato ne traeva voci diverse e molto soavi. Or qual fusse il suo stupore, giudichilo chi participa dell'ingegno e della curiosità che aveva colui; il qual, vedendosi sopraggiunto da due nuovi modi di formar la voce ed il canto tanto inopinati, cominciò a creder ch'altri ancora ve ne potessero essere in natura. Ma qual fu la sua meraviglia, quando entrando in certo tempio si mise a guardar dietro alla porta per veder chi aveva sonato, e s'accorse che il suono era uscito dagli arpioni e dalle bandelle nell'aprir la porta? Un'altra volta, spinto dalla curiosità, entrò in un'osteria, e credendo d'aver a veder uno che coll'archetto toccasse leggiermente le corde d'un violino, vide uno che fregando il polpastrello d'un dito sopra l'orlo d'un bicchiero, ne cavava soavissimo suono. Ma quando poi gli venne osservato che le vespe, le zanzare e i mosconi, non, come i suoi primi uccelli, col respirare formavano voci interrotte, ma col velocissimo batter dell'ali rendevano un suono perpetuo, quanto crebbe in esso lo stupore, tanto si scemò l'opinione ch'egli aveva circa il sapere come si generi il suono; né tutte l'esperienze già vedute sarebbono state bastanti a fargli comprendere o credere che i grilli, già che non volavano, potessero, non col fiato, ma collo scuoter l'ali, cacciar sibili così dolci e sonori. Ma quando ei si credeva non potere esser quasi possibile che vi fussero altre maniere di formar voci, dopo l'avere, oltre a i modi narrati, osservato ancora tanti organi, trombe, pifferi, strumenti da corde, di tante e tante sorte, e sino a quella linguetta di ferro che, sospesa fra i denti, si serve con modo strano della cavità della bocca per corpo della risonanza e del fiato per veicolo del suono; quando, dico, ei credeva d'aver veduto il tutto, trovossi più che mai rinvolto nell'ignoranza e nello stupore nel capitargli in mano una cicala, e che né per serrarle la bocca né per fermarle l'ali poteva né pur diminuire il suo altissimo stridore, né le vedeva muovere squamme né altra parte, e che finalmente, alzandole il casso del petto e vedendovi sotto alcune cartilagini dure ma sottili, e credendo che lo strepito derivasse dallo scuoter di quelle, si ridusse a romperle per farla chetare, e che tutto fu in vano, sin che, spingendo l'ago più a dentro, non le tolse, trafiggendola, colla voce la vita, sì che né anco poté accertarsi se il canto derivava da quelle: onde si ridusse a tanta diffidenza del suo sapere, che domandato come si generavano i suoni, generosamente rispondeva di sapere alcuni modi, ma che teneva per fermo potervene esserecento altri incogniti ed inopinabili.





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